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Orso... |
10 dicembre 2004…. entro
nel canile e sono subito circondata da una cinquantina di cani che mi
fanno le feste…da sotto una baracca-cuccia, con la coda dell’occhio vedo
correr via grossi ratti scuri, forse disturbati dal mio arrivo.
I
volontari hanno stivali di gomma coperti di fango e il fango stesso
sembra voler inghiottire anche me. Una volontaria giovane e gracile che
indossa una giacca quattro taglie più grande della sua, mi dice che ce
ne sono altri duecento chiusi nei recinti. Anche gatti. Questi,
scaruffati e con l’espressione contrariata o annoiata, mi osservano
dalle grate di una finestrella in alto…
Mi guardo intorno,
tentando di non sentire quei latrati assordanti, alla ricerca di un
amico che mi possa far compagnia. Intanto i cani, di tutti i colori,
taglie ed età, continuano a girarmi intorno, chi saltando, chi
annusando, chi scodinzolando con frenesia. Alcuni sembra si vogliano
proprio “vendere bene”, altri sono solo curiosi o vogliosi di giocare.
Lontano
da tutti, in un angolo, vedo un mezza - taglia nero con il petto
bianco, il solito anonimo “nerino” che si trova in ogni canile che si
rispetti. Tace, forse l’unico a farlo, e tiene il capo basso,
osservandomi appena di sottecchi. Silenzioso, discreto, dignitoso, penso
io.
Chissà cosa pensa lui.
Chiedo alla volontaria gracile
chi è quel ragazzino nero con un orecchio su e uno giù. Lei mi risponde
che il ragazzino è il vecchio Orso, dodici anni, sordo e malato di
convulsioni, e l’orecchio non è giù, ma gli manca proprio…
Mi
piace. La sua dignità mi piace, il suo riserbo. Da quel momento non
penso ad altro. Scegliere un cane, adesso lo so, è un colpo di fulmine.
Ma,
per adesso, io non piaccio a lui. Non mi degna di uno sguardo, neanche
quando tento di conquistarlo portandolo a spasso con il guinzaglio.
Cammina dritto e tutto preso dalla passeggiata, ma non reagisce alle mie
carezze e continua a camminare al mio fianco facendomene gentile
concessione, senza confidenze. E questo dura settimane. Mai una volta
Orso mi guarda negli occhi.
Sono io adesso dalla parte dei cani
che si volevano “vendere bene” al mio arrivo al canile. Devo
scodinzolare per attirarlo? Forse. Gli porgo dei bocconcini, li prende
con delicatezza e se li gusta lentamente. Niente di più. Quando arrivo
non si sbilancia neanche un po’: accetta il guinzaglio e poi via nel
prato verde, ma sempre con l’aria di chi è troppo impegnato per dar
relazione a chiunque…
Il giorno che arriva a casa piange quando la
volontaria se ne va via. Devo ancora conquistarlo. Sta sotto il
radiatore tutto il tempo, capisce subito le regole e le rispetta, ha un
otite grave che riesco a curare a fatica e se si spaventa entra in
doccia e non ne vuole più uscire. Con il tempo comincia ad alzare il
capo e guardarmi con quegli occhietti tondi e marroni, mi segue e sembra
finalmente cominciare ad accettarmi come amica, ma sempre con riserva….
Le convulsioni si presentano sempre più spesso, emette un suono tra un
colpo di tosse e un lungo guaito poi diventa rigido ed infine si
accascia…questo accade anche una volta la settimana… Un giorno durante
un attacco cade dalle scale e per questo ancora oggi cammina tutto di
traverso per una lesione alle vertebre cervicali. Comincia a soffrire di
labirintite e due volte devo mettergli il collare rigido per la caduta.
Le cure diventano sempre più frequenti, ma i risultati sono piuttosto
scarsi…
Febbraio 2008
Finchè non metto su un
azienda agricola, dove Orso insieme a Medea, piccola maremmana
tascabile adottata come lui, scorrazzano tutto il giorno all’aria
aperta.
E da quel momento, esattamente un anno fa, Orso
all’improvviso non ha più avuto convulsioni. L’azienda porta sul
cancello, in onore proprio a lui, il nome di Poggio all’Orso.
Adesso
ha sedici anni, è pieno di acciacchi, ha un dente ogni quarto d’ora e
brontola spesso e volentieri, soprattutto contro le pecore, che, credo,
non abbia capito ancora cosa siano di preciso…però finalmente mi ha
adottata, adesso mi corre (si fa per dire!) incontro e mi fa le feste
con quel mezzo orecchio che gli ballonzola di traverso.
Sordo come
una campana, quando lo chiamo si gira da tutte le parti eccetto la mia,
per vedere chi lo sta cercando. Eppure, mai mi sono pentita di averlo
preso. Lui mi ha insegnato quella grande qualità che spesso, troppo
spesso, a noi umani manca: la dignità. Ce ne ha messo di tempo per darmi
il suo amore, e mi ha fatto sudare per conquistarlo, ma oggi è parte
integrante della famiglia.
Per questo di questa storia non ci sono foto, perché l’amore non si può fotografare…
Aprile 2009
Orso
ha tre amici, tutti adottati come lui: Poldo, Caramella e Medea. E’ il
nonno del gruppo, un po’ brontolone e poco disposto a giocare con i due
nuovi cuccioli. Ultimamente fatica a camminare e quando è in piedi dopo
pochi minuti si accascia, le zampette non lo reggono più. Eppure, adora
stare nel prato, si distende, si guarda intorno e gode di quel che vede,
negli occhietti marroni brilla il riflesso del sole, facendogli tornare
lo sguardo luminoso di quando era giovane. Però, ogni giorno di più,
invecchia. Adesso passa il tempo sulla sua brandina, all’ombra di un
vecchio castagno. I suoi amici spesso gli vanno intorno e lo leccano,
quasi a dire. “Ci siamo, siamo qui…”. Da una settimana rifiuta il cibo,
beve solo a siringa e ogni tanto getta dei gridi fortissimi, non capisco
se di dolore o disperazione. Poi si accascia tremante. Un giorno,
lentamente e senza far rumore, i suoi occhietti marroni si chiudono, per
sempre. Decidiamo di tenerlo con noi. Viene adagiato su una carriola
per portarlo sotto all’abete più vecchio dell’azienda, lì dormirà per
sempre… il mio compagno si muove con passo lento portando il corpicino
verso il grande albero. Io osservo da una collinetta vicina, mentre il
dolore mi riempie. Non ho il coraggio di partecipare, non ce la faccio…
Eppure, ad un tratto, vedo dall’alto che a Claudio si aggregano, in
ordine silenzioso e sparso, prima i tre cani giovani, poi le due pecore,
infine la capretta con i tre figli piccoli… seguo con lo sguardo la
scia animata di quello strano corteo funebre che arriva sotto l’abete.
Claudio ferma la carriola con Orso, gli altri animali si dispongono
intorno, i cani seduti si scambiano piccoli gesti che ricordano un gioco
sommesso, quasi sottovoce. Pecore e capre brucano lente facendo
tintinnare i campani che portano al collo, alzando ogni tanto lo sguardo
verso ciò che sta accadendo. La vanga e la pala fanno il loro rumore.
Fino alla fine, tutti assistono al rito, in un silenzio intriso di
serena partecipazione…. La consapevolezza della morte di Orso nei suoi
amici animali mi sta insegnando come si affronta la partenza di uno di
noi….
Ancora oggi lo rivedo scodinzolare sul prato, mi immagino allora la sua camminata storta, buffa e incerta, Orso è rimasto qui……
Bea
Orso
S'era fatte già viecchie à nù canile,
passav'è Juorne suoje cà sufferenza
aspettanne cà à sciorta (1) soje se consumasse...
Ma, nà matina sente nà carezza,
nà voce amica e doce cò chiammave:
er'arrivat'ò cagne (2) dò destino!
A' provvidenza à vote n't'abbandona,
pure si si nù cane
pò arrivà all'improvviso chi te pensa
e a vita toje s'avvia pà nata strada...
A chillu juorn ò cane addivent'Orso:
se cura è malatie, se fà ò shampo
e s'acchiapp'è carezz'ogne mumente
di un angelo ca è scise, pe isse, a copp'ò ciele...
A date pure ò nomme à nà campagna
ca, cchiù è nà terra, pare ò paravise
e mmò sà uarda cuntent'è fà ò patrone...
Pò, comme fernesce ogni cosa bella,
arrive pure pe isso à cartulina:
adda partì surdate m'Paravise...
Nù sguarde tutt'attuorne: è nù saluto
à padrona, a campagna e all'ati cani
e s'addurmenta pè n'se scetà cchiù...
Mò c'è rimaste nù cancielle chiuse
e o nomme suoje stampato ngopp'ò legno
ma isse mò suspire a chillu late:
mò sò passate tutt'è malatie
e o suonn'e a pace sò na cosa sola...
Domenico Illiano